“Mantieni le distanze”;  “Proteggi il tuo spazio”. Da una parte abbiamo una imposizione quella che fa fa dire al ribelle di turno “io faccio come voglio”. Dall’altra c’è una possibilità, un diritto, si dice “se non lo fai non interessa a nessuno, se lo fai tu ne trai vantaggio”. Questo è nudging. 

In un mondo in cui i post scientifici sui vaccini scritti della zia Peppa hanno più valore degli articoli di medici affermati, sembra che aggirare la persone sia l’unico modo per imporre le regole senza… imporle. La teoria del nudge è usata sia in economia che nel marketing (quale miglior campo per applicare teorie comportamentali?) e consiste nell’alterare il comportamento di un acquirente portandolo a scegliere ciò che il proponente vuole, senza instillare il minimo dubbio nella mente dell’acquirente.

Non ci credi? ci sono un sacco di esempi in cui le persone hanno fatto esattamente ciò che il nudger voleva, senza che alle persone passasse lontanamente per la mente che venissero manipolati: “in questo locale le persone non fumano” funziona meglio di “vietato fumare”. Uno è un’ordine (il piccolo genio di turno pensa sempre “la mia libertà non è limitabile”), l’altro punta sull’omologazione: se le persone non fumano, nessuno vuole essere additato come il diverso non omologato alla massa. 

“Finalmente puoi goderti il tuo spazio, senza essere spintonato”, è molto meglio di “è obbligatorio rispettare la distanza di 1,5 metri”. Anche qui, la seconda è un’imposizione, una “limitazione” della mia libertà; la prima, invece, mi fornisce addirittura un diritto in più: quello di far stare le persone lontane da me, e si sa che quando viene dato un diritto, le persone tendono ad usarlo al massimo. L’obiettivo viene raggiunto lo stesso, ma le persone non sono più obbligate a farlo anzi, hanno una diritto in più e combatteranno per difendere il loro diritto allo spazio personale. 

Come è chiaro, il nudging consiste nel dire la stessa cosa, ma in parole diverse. I dipendenti di Texaco, società petrolifera statunitense, chiedevano agli automobilisti “diamo una controllata all’olio?” ed il più delle volte ricevevano una risposta negativa. Fino a che la domanda è cambiata: “il livello dell’olio è corretto?” ed ecco che l’automobilista ha un dubbio, non lo sa! E se magari fosse sbagliato? E se fosse poco? Sarei scemo a non farlo controllare. E, guarda un po’, il numero di controlli dell’olio è aumentato.

È etico? potremmo parlarne per ore, ma secondo gli studiosi lo è. Una leggera spinta per compiere un comportamento corretto (come nell’esempio iniziale, mantenere la distanza) non è vista come una manipolazione del comportamento eticamente deplorevole. 

Le persone illuminate mettono like a questo post, lo commentano e lo condividono.